Il 22 settembre scorso si sono tenute in Germania le elezioni per il rinnovo del 18° Bundestag. Le elezioni, seguite in tutto il mondo con una certa attenzione vista l’importanza crescente della Federazione tedesca nell’equilibrio economico e politico globale, hanno portato dei risultati da un lato inattesi, dall’altro prevedibili. Inattesa, ad esempio, è stata l’esclusione del Partito Liberal Democratico (Freie Demokratische Partei), un partito storico nel paese, che per anni ha avuto un importante ruolo di sostegno ai governi succedutesi al parlamento tedesco. Dagli anni ’90 era inoltre divenuto un importante alleato della CDU (Cristilich Demokratische Union Deutschland). L’esclusione del FDP dal parlamento tedesco implica dei cambiamenti nel nuovo esecutivo; il ministero degli esteri del passato governo Merkel era infatti tenuto da Guido Westerwelle, membro del partito liberal democratico. Altra esclusione, meno sorprendente, è quella dell’Alternative Fur Deutschland, il partito degli “euroscettici” che si pensava avrebbe potuto rosicchiare qualche voto alla CDU, costringendo quest’ultima a rivedere in parte le proprie politiche europeiste. Di fatto, pare invece che l’AFD abbia tolto voti decisivi proprio al partito liberal democratico.
Il risultato è dunque una vittoria della politica europeista “del rigore” promossa da Angela Merkel. La maggioranza ottenuta dalla coalizione CDU/CSU non si è rivelata tuttavia sufficiente ad un governo solitario, ed anche questa volta, per la formazione del governo, sarà necessaria la collaborazione di altri partiti. Secondo i maggiori analisti è certa la formazione della cosiddetta “Großer Koalition” (la grande coalizione), ovvero una coalizione tra Socialdemocratici (SPD) e CDU. L’SPD, nonostante il netto ridimensionamento (25,7% il risultato, contro il 42,5% della CDU), avrà dunque con alta probabilità un ruolo importante nel prossimo governo, il cui insediamento si prevede andrà per le lunghe. L’alternativa resta un governo sostenuto dai Verdi, un’opportunità non del tutto rigettata ma sicuramente secondaria. Il ripiego su quest’ultimi potrebbe esclusivamente essere dovuto ad un eccessivo irrigidimento da parte della SPD, a cui l’ultima “Großer Koalition” è costata l’attuale sostanzioso ridimensionamento. I dirigenti del partito Socialdemocratico hanno infatti dichiarato che questa volta una coalizione si potrà fare solo attraverso una decisa convergenza di obiettivi, e non rinunciando a fondamentali prerogative.
Il risultato dunque, è la stabilità. E’ molto probabile che non si vedranno cambiamenti sostanziosi nella politica tedesca, né nei confronti dell’Unione Europea, né rispetto alle questioni economiche e politiche globali. Vale la pena dunque di analizzare quali sono le proposte in materia di politica estera da parte dei due principali schieramenti, e quale è stata la politica estera effettiva dell’ultimo governo, politica che probabilmente non muterà. Nonostante la politica estera non abbia avuto un peso centrale nella campagna elettorale, se si esclude la questione europea, entrambi i partiti hanno delle proposte chiare in merito.
In sostanza, non sono molte le differenze fra i due programmi. In entrambi il punto centrale sembra essere la “sicurezza”, intesa come stabilità e cooperazione a vantaggio reciproco. Il programma della politica estera della CDU esordisce con un “il mondo bipolare è finito” e da qui muove alcune importanti considerazioni, economiche prima di tutto[1]. “Senza sicurezza non c’è sviluppo, e senza sviluppo non c’è sicurezza”, si potrebbe riassumere così la proposta politica del partito della Merkel, attento a cogliere ogni cambiamento in atto, e interessato a coglierne i frutti. Si muove dunque sempre da concezioni meramente economiche, sulla linea della stabilità e della cooperazione. Se quindi viene dato un peso centrale ai BRICS, a Russia e Cina in particolare, allo stesso tempo viene ribadita l’indiscutibilità dei rapporti con gli Stati Uniti e in particolare del ruolo della NATO. Per quanto riguarda la regione mediterranea e i mutamenti in atto, anche qui viene promossa la stabilità, la collaborazione con l’Unione Africana, la promozione dell’Islam moderato e l’intransigenza nei confronti dell’estremismo islamico. Se c’è una differenza, pur lieve, tra i programmi dei due partiti, questa è la centralità data agli Stati Uniti. Nel programma della CDU si legge un elogio degli Stati Uniti come “liberatori” dell’Europa dal giogo comunista e nazista, si ribadisce l’amicizia con Washington e l’intenzione di intensificare l’integrazione economica e l’interscambio commerciale. L’SPD, pur ribadendo a sua volta l’importanza dell’asse atlantico, sottolinea l’importanza dell’Asia, promuove l’intensificazione dei rapporti fra questa e l’Unione Europea. Allo stesso modo viene espressa la consapevolezza del ruolo positivo svolto dalla Cina nel continente africano, attraverso un efficiente dinamismo economico. Nel programma della SPD inoltre vi è un chiaro riferimento alla questione siriana. La soluzione, viene scritto, può essere solo diplomatica, e non militare. L’uso della forza non viene ritenuta una soluzione adeguata. E’ inoltre necessario sostenere gli Stati arabi “in transizione”[2]. Un’ultima differenza, non di meno conto, è la posizione riguardo all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, una questione centrale se si considera il numero di immigrati turchi in Germania. Mentre infatti la CDU si oppone all’ingresso, promuovendo comunque la cooperazione economica, l’SPD si dice favorevole anche all’effettivo ingresso, affiancata in questo anche da Verdi e Die Linke[3].
Queste dunque le linee su cui si muoverà la Germania del futuro. In perfetta coerenza con quella politica cauta e quel paziente e intenso lavoro diplomatico svolto negli ultimi anni. Nessun sensibile cambiamento di rotta dunque.
Detto di quella che sarà la politica estera tedesca, vale la pena di muovere qualche passo indietro e analizzare quella che è stata la proiezione esterna della Germania negli ultimi anni di governo Merkel.
Unione Europea
La politica nei confronti dell’Unione Europea negli ultimi anni non è assolutamente mutata. La posizione resta quella dell’intransigenza e del rigore economico, nonostante l’ambiguità cui questa politica conduce. La Germania ha infatti bisogno di un’Unione Europea globalmente stabile e economicamente competitiva, seppur il rigore promosso dalla CDU non faccia che aggravare le condizioni economico-finanziarie dei paesi periferici (i cosiddetti PIIGS). Se infatti il rapporto economico con i paesi emergenti va rafforzandosi, l’export nella regione europea rimane fondamentale. Il che suggerirebbe una politica più morbida nei confronti dei vicini europei, oltre ad una cooperazione al fine di stabilizzare le economie e promuoverne lo sviluppo. Politiche finora accantonate dalla CDU. In questo senso un ingresso in parlamento dell’AFD avrebbe probabilmente potuto portare se non altro ad un leggero cambiamento, ammesso che il partito degli economisti, guidato da Bernard Lucke, avrebbe potuto avere un seppur minimo ruolo all’interno di un ipotetico governo. A queste ambiguità si aggiunga il totale disaccordo sulla proiezione esterna dell’Unione Europea, affrontata in modo diverso, se non opposto, dalle principali potenze europee. Basta vedere la netta opposizione tra la Francia e la Germania (rapporto che fra l’altro va indebolendosi anche a causa del rallentamento economico dei primi) sulle questioni della regione mediterranea, quella siriana su tutte. Francois Hollande è infatti stato sin da subito tra i più grandi sostenitori dell’intervento armato in Siria, mentre Angela Merkel si è sempre detta contraria a questa opzione, nonostante le recenti aperture al G20, dove comunque non è stato menzionato l’uso della forza.
ONU e missioni internazionali
L’ONU è il meccanismo diplomatico in cui la Germania si confronta ed impegna maggiormente, in piena coerenza con la ricerca di stabilità e cooperazione promossa negli ultimi anni. Da anni ormai la Germania chiede un seggio permanente in seno al consiglio di sicurezza, in virtù anche dell’apporto dato dal paese alle Nazioni Unite: con l’8% circa del contributo al budget dell’organismo, la Germania è infatti il terzo contribuente in assoluto, oltre a coprire finanziariamente per l’8% delle missioni di peacekeeping [4]. A ciò si aggiunga che tutt’ora la Germania è impegnata in Kosovo attraverso la missione internazionale KFOR, in Afghanistan con l’ISAF (missione questa per conto della NATO) e con l’UNIFIL, missione di peacekeeping in Libano.
La Germania partecipa esclusivamente a missioni a basso rischio e solo per missioni di pace. Un “pacifismo” spesso criticato all’interno della NATO, nonostante in Afghanistan la Germania abbia in impiego 4.100 soldati, 35 i morti totali nel corso degli anni[5].
D’altronde il ministro degli esteri in uscita, Guido Westerwelle, si disse a suo tempo contrario sia all’UNIFIL che all’intervento in Libia, cui infatti la Germania non ha partecipato. Stesso discorso vale per la Siria, altro paese in cui l’intervento viene fermamente condannato dal governo tedesco, nonostante Westerwelle stesso abbia dichiarato di non aver apprezzato alcuni atteggiamenti di Cina e Russia nel consiglio di sicurezza[6].
Stati Uniti
Seppur i rapporti con l’alleato d’oltreoceano non siano mai stati messi in discussione, le questioni recentemente emerse hanno senz’altro portato a qualche ripensamento. Prima di tutto, la Germania considera evidenti gli errori commessi dagli Stati Uniti negli ultimi anni (intervento in Iraq, in Libia, ad esempio). Ma il punto cruciale, non di rottura ma senz’altro uno scossone, è stata la questione dello spionaggio. Dopo lo scandalo della NSA infatti, la Germania ha cancellato il patto ormai cinquantennale di sorveglianza (patto firmato da Germania, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti). La Germania d’altronde si è scoperta come il paese europeo più spiato dall’alleato, e questo non è certamente un caso. E’ infatti risaputo il timore che si prova a Washington nei confronti della crescita economica tedesca, una crescita che finora rimane nei ranghi designati, ma che presto si troverà a doversi confrontare con delle scelte, inevitabilmente. Anche la recente amicizia fra Germania e Cina non è certo vista di buon occhio dagli Stati Uniti. Nonostante ciò Westerwelle stesso ha ribadito che con gli Stati Uniti gli interessi condivisi sono fin troppi per poter solo considerare una pur tiepida rottura. L’irrisolta questione siriana, l’espansione economica tedesca e la sempre maggior cooperazione con Russia e Cina avranno sicuramente come conseguenza qualche riflessione da parte di entrambi gli schieramenti.
Cina
Se per gli Stati Uniti la Germania come alleato, pur vacillando, rimane una sicurezza indipendentemente dal cancelliere insediato, la Cina ha guardato con apprensione alle recenti elezioni[7]. Secondo alcuni politologi cinesi infatti, il Partito Comunista Cinese temeva che una (seppur improbabile) vittoria da parte del centro-sinistra, con la formazione di un governo sostenuto potenzialmente da Verdi e Linke, avrebbe potuto portare alla ribalta alcune delle tematiche tradizionalmente portate avanti dall’occidente nel tentativo di penetrare negli affari interni cinesi, una su tutte la questione dell’indipendenza tibetana, un tasto su cui la Cina non ha intenzione trattare. Anche con il governo Merkel non sono tuttavia mancate le frizioni, ad esempio nel 2007, quando la cancelliera ricevette a Berlino il Dalai Lama, una provocazione agli occhi del governo cinese. Nonostante queste frizioni, il lavoro, considerato pragmatico, del governo tedesco viene visto positivamente dalla Cina e il rapporto fra i due paesi, già decisamente migliorato, sembra andare in direzione di un’ulteriore cooperazione, non solo in campo economico, seppur sia questo il settore preponderante.
Tenuta dunque considerazione di quella che finora è stata la politica tedesca e di quello che è il programma dei due principali partiti è senz’altro difficile prevedere drastici cambiamenti di rotta. Nonostante ciò, il nuovo governo si troverà comunque ad affrontare un equilibrio geopolitico in mutamento, un mutamento sostanziale che non potrà essere trascurato dal governo tedesco. Sarà dunque interessante vedere come risponderà la Germania alle problematiche che presto si presenteranno.
*Marco Zenoni è laureando in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia
[1] Programma politico della CDU, consultabile online.
[2] Programma politico dell’SPD, consultabile online.
[3] http://temi.repubblica.it/limes/la-germania-al-voto-si-interroga-sul-suo-ruolo-nel-mondo/51996
[4] http://www.ispionline.it/it/articoli/articolo/europa/la-politica-estera-della-germania-9018
[5] Ibidem
[6] http://www.spiegel.de/international/world/interview-with-german-foreign-minister-guido-westerwelle-a-900611.html
[7] http://www.ispionline.it/it/articoli/articolo/europa/la-politica-estera-della-germania-9018