Il direttore ed i redattori di “Eurasia” si uniscono unanimi nel dolore per la scomparsa di Costanzo Preve, filosofo, studioso e saggista che dal 2005 al 2010 ha collaborato a questo trimestrale di studi geopolitici con ben quattordici articoli.
I contributi di Preve ad “Eurasia” hanno spaziato dalla resistenza irachena contro l’invasione anglo-americana ai rapporti tra comunismo sovietico e geopolitica; dalla critica del “multiculturalismo” quale maschera dell’ideologia monoculturale all’influenza negativa di false antitesi quali la giudeofobia e la giudeolatria; dall’asservimento dell’Europa sotto il tallone della Nato alla distruzione del “diritto internazionale” ad opera dell’America. Qui un elenco completo dei suoi scritti per “Eurasia”.
Ma il filosofo e studioso del marxismo (e non solo) ha pubblicato anche due libri per le Edizioni all’insegna del Veltro, per le quali esce “Eurasia”: si tratta di Filosofia e geopolitica, del 2005 e di La quarta guerra mondiale, del 2006.
Collaborando ad “Eurasia” fin dai suoi albori, Preve volle dimostrare di saper “rompere gli schemi” ancor di più di quanto non avesse fatto agli occhi di un pubblico, per lo più “di sinistra”, che da una parte lo ammirava per la sua indiscussa padronanza degli argomenti di cui trattava, ma dall’altra lo criticava per non porre alcuna “pregiudiziale” di quelle tanto care ad una certa famiglia di pensiero.
Il fatto poi di collaborare ad una rivista di studi geopolitici, per giunta circondata da un’aura di “sospetto” effusa da solerti ‘commissari telematici’ che mettevano in guardia da “gente pericolosa” per il solo fatto di avere delle idee e di volerle esplicitare, tra l’altro, in maniera solida e documentata, e persistendo “a sinistra” il preconcetto secondo cui la geopolitica sarebbe stata quella sottospecie di “scienza nazista” di cui si blaterava senza saperne nulla, aumentò lo sconcerto di chi, infine, gridò allo scandalo quando lo stesso Preve, incurante d’ogni biasimo di molti suoi “compagni d’avventura”, ci onorò della sua presenza partecipando a pubblici dibattiti e presentazioni di numeri della rivista e di pubblicazioni ad essa correlate.
È il caso di Islamofobia, pubblicato nel 2008 da chi scrive e che in chiusura veniva impreziosito da una postfazione che è quanto di meglio si potesse scrivere, poiché coglieva perfettamente l’intento che stava alla base di quella raccolta di articoli: unire le conoscenze dell’arabista e dell’islamologo alla capacità di analizzare e destrutturare, per meglio comprenderli, i meccanismi ideologici sottesi ai sommovimenti nazionali ed internazionali della nostra epoca, nei quali un discreto ruolo propagandistico viene svolto dalla diffusione della paura verso l’Islam e i musulmani.
Del Costanzo Preve filosofo e saggista fecondissimo, altri hanno scritto e scriveranno con dovizia di particolari e profondità d’analisi.
Qui mi sia consentito ancora di ricordarlo personalmente, quando ebbi la fortuna d’incontrarlo ad una edizione del Campo Antimperialista (2003), dopo che me ne aveva parlato assai bene l’amico Miguel Martinez. Da lì nacque una frequentazione protrattasi per alcuni anni, tra alcune visite a casa sua e parecchie telefonate da cui uscivo sempre arricchito.
Di Preve – e credo di essere in buona compagnia – mi sorprendeva e mi affascinava la capacità di andare dritto al problema con una logica ferrea ed inesorabile, per cui ben si comprende come lo compiangano – tra gli altri – i suoi ex studenti del Liceo Volta di Torino, dove aveva insegnato Storia e Filosofia per oltre trent’anni.
Inoltre Costanzo Preve era uno che quando diceva che una cosa la sapeva, la sapeva per davvero, come le lingue, tra cui pure il greco moderno. E quando non sapeva, o aveva le idee poco chiare, non si peritava di chiedere a chi riteneva più informato di lui su una certa questione. Non era infatti raro sentirsi dire: “Galoppini, che cosa ne pensi di questa cosa?”. Tale è l’atteggiamento di un vero filosofo (non di un “intellettuale”, definizione che detestava come poche) alla ricerca costante della verità e sempre disponibile con tutti, anche quando stava poco bene, accollandosi persino la lettura dei non pochi scritti che gli venivano recapitati per riceverne un illuminante parere.
A Preve non mancava poi il coraggio, altro tratto distintivo dell’uomo di razza. Ben sapendo quale canea gli sarebbe piovuta addosso, ormai stufo della muffa che attecchiva in più d’un ambiente “fedele alla linea”, egli accettò (talvolta su mio invito) di collaborare con testate e case editrici fuori dal novero di quelle di una certa area di pensiero marxista. Ricordo nitidamente le sue impressioni quando mi chiedeva, tra l’amareggiato e l’attonito, che cosa pensassi di tutta una serie di ingiurie e maldicenze indirizzategli in maniera perfida e vile da certi individui che forse non sapevano di aver a che fare con un autentico signore, che ancora si teneva il vezzo di scrivere i suoi libri ed articoli con la macchina da scrivere (perché, diceva lui, quella, a differenza del computer, lo obbligava, prima di tradurlo in testo scritto, a ben definire preliminarmente nella mente il proprio pensiero).
Una volta, addirittura, gli autonominatisi “poliziotti del pensiero” fecero andare a monte una sua conferenza con Alain De Benoist presso una libreria torinese, ma in fretta e furia venne trovata un’altra sede: quella forse fu la pagina più squallida vergata da canaglie che riscuotevano solo il suo sommo disprezzo.
È ovvio che chi ha come unico faro la verità e la coerenza si trova a cambiare amicizie. Tuttavia Preve ha sempre trattato anche i suoi nuovi amici come vecchi amici. Così, richiamando la dicotomia amico/nemico, così importante nella filosofia politica, lui, il filosofo mai ritiratosi nella “torre d’avorio” ma anzi presente dove la battaglia delle idee si faceva più pericolosa, mi ripeteva spesso: “Io sono amico di Eurasia!”.